Materia organica e inorganica

Nel 1977 Ilya Prigogine riceve il premio Nobel per la Chimica. Nel discorso di presentazione il prof.re Stig Claesson si esprime con le seguenti parole: “Prigogine’s researches into irreversible thermodynamics have fundamentally transformed and revitalized the science, given it a new relevance and created theories to bridge the gap between chemical, biological and social scientific fields of inquiry”(S. Claesson, Award Ceremony Speech, http://www.nobelprize.org).

Prigogine, con l’analisi delle strutture dissipative, ha gettato per la prima volta un ponte tra la chimica e la biologia, ovvero tra la materia vivente e non vivente e forse questo “gap”, come lo definisce Cleasson, è per il senso comune, come per la prospettiva filosofica e scientifica,  ancora più arduo da superare di quello tra gli studi umanistici e le scienze “dure”. Che cosa può infatti avere in comune un sostanza inorganica con una vivente?

Nello studio di alcuni sistemi chimici, Prigogine si accorse come anch’essi, al pari dei sistemi viventi, presentano la capacità di autorganizzarsi. Quest’autorganizzazione avviene attraverso quelle che chiamò “strutture dissipative”, poiché dissipano materia ed energia all’esterno, creando entropia nell’ambiente in cui si trovano.

Le strutture dissipative, però compaiono solo in una condizione di instabilità e disequilibrio: è ai margini del caos che possono venire inaspettatamente osservati i fenomeni di autorganizzazione dei sistemi chimici. A questo proposito Prigogine cita il sorprendente fenomeno dell’orologio chimico:

Per esempio, lontano dall’equilibrio possiamo vedere con i nostri occhi la comparsa di orologi chimici, cioè reazioni chimiche che si comportano in maniera ritmica e coerente. Possiamo anche avere processi di autorganizzazione che danno luogo a strutture disomogenee. Vorremmo sottolineare il carattere inatteso di questo comportamento. Ognuno di noi ha qualche idea intuitiva di come avvenga una reazione chimica; ci si immagina molecole fluttuanti nello spazio, che collidono e riappaiono in nuove forme. Ci immaginiamo un comportamento caotico, simile a quello che gli atomisti descrivevano quando parlavano della polvere che danza nell’aria. Ma il comportamento delle molecole in un orologio chimico è assai diverso. Semplificando un po’ troppo, possiamo dire che in un orologio chimico tutte le molecole cambiano la loro identità chimica simultaneamente a regolari intervalli di tempo  (Prigogine – Stengers 1979, p.15, grassetto mio).

Un altro caso esemplificativo di strutture dissipative non viventi è quello dei vortici ad imbuto straordinariamente stabili che forma l’acqua mentre defluisce verso il centro del lavandino.

Anche questi sistemi inorganici sono in grado, dunque, di comportarsi seguendo una dinamica sinergica di coordinazione e reciproca, costante, interazione in una sola parola essi sono in grado di autorganizzarsi:

Le strutture chimiche dissipative manifestano la dinamica dell’autorganizzazione nella sua forma più semplice, esibendo la maggior parte dei fenomeni tipici della vita: autorinnovamento, adattamento, evoluzione e persino forma primitive di processi “mentali”. L’unica ragione per cui esse non sono considerate vive è che non si riproducono né formano cellule. Questi interessanti sistemi rappresentano quindi un anello di congiunzione fra materia animata e inanimata. Se vengano chiamati organismi viventi o no è, in definitiva, un fatto di convenzione (Capra 1982, p.226, grassetto mio).

I.C.caos

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