Santa Lucia e il divieto di mangiare farina di grano

La vigilia di Santa Lucia e’ una delle tante feste solstiziali che ricorrono in questo periodo dell’anno.

Fino alla meta’ del XIV secolo, il 13 dicembre cadeva il solstizio d’inverno e, infatti, anche questa festa in onore della Santa ripercorre i mitemi tipici delle celebrazioni solstiziali: ci si ritrova tra i congiunti per festeggiare intorno fuoco, si accendono lumini e lucine, si ricevono doni. Nel bergamasco, l’usanza e’ quella di disporre sul davanzale delle cucine dolcetti e fieno per l’asinello sulla cui groppa, la leggenda vuole, Santa Lucia passi per distribuire dolcetti ai bambini.

La ricorrenza e’ ovviamente molto sentita in Sicilia soprattutto nella citta’ di Siracusa, di cui la Santa e’ patrona, ma si e’ diffusa poi un po’ ovunque in Italia e in particolare in Veneto.

Nei paesi Sandinavi e in Svezia questa e’ una notte tra le piu’ celebrate dell’anno.

Nella zona delle Apuane, da cui provengo, si ha come tradizione quella di preparare i “bollenti” o “necci”, che sono frittelle di farina di castagnaccio cotte al fuoco sui tipici “testi”, due piastre di ferro entro cui si mette il composto di acqua e farina. I bollenti vengono poi farciti con ricotta o affettati tipici come biroldo o lardo di colonnata.

Bollenti e testi. Foto di Nicoletta Antonioli

Con il beneficio del dubbio potrei avanzare l’ipotesi che questa tradizione si ricolleghi al divieto, diffuso in Sicilia, di mangiare derivati del grano nei giorni dedicati alla Santa.

Il divieto, poi adottato anche dalla Chiesa, nasce per commemorare il miracolo attribuito alla Santa che, il 13 maggio del 1646, fece attraccare al porto di Palermo un bastimento carico di grano e mise cosi’ fine a una lunga carestia.

Si narra che, vinti dalla troppa fame, i palermitani non si presero nemmeno la briga di macinare il grano ma lo mangiarono bollito e condito con un po’ d’olio, dando origine alla pietanza simbolo della festa di Santa Lucia siciliana: la cuccìa. I farinacei sono, dunque, banditi dalla tavola tradizionale nella giornata del 13, sostituiti da panelle di farina di ceci, arancine di riso e legumi.

Probabilmente anche in zona apuana si e’ risentito di questa influenza, astenendosi per la vigilia della ricorrenza dal consumare farina di grano e sostituendola con quella di castagne, tipica delle nostre zone.

Per il substrato precristiano, condiviso da ogni Santo, il riferimento qui e’ la Dea Lucina, preceduta dalla Dea greca Ilizia.

Santa Lucia assorbe dalle sue predecessore il compito di condurre alla luce. Queste dee pagane erano infatti dee dei parti, accompagnavano il nascituro alla luce. La Lucia cristiana ripropone il mitema: patrona degli occhi e degli oculisti (viene infatti rappresentata mentre regge un piattino con due occhi), ha rinunciato alla sua vista fisica per accedere alla luce dello Spirito.

Con amore e gratitudine

Irene Adi Rahimo Conti

Palma il Giovane, Santa Lucia
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