Gli amori impossibili, seppur molto costosi a livello di terza dimensione, si configurano come vere e proprie benedizioni per il cammino evolutivo dell’anima.
Non c’è niente in grado di spazzare via dal campo morfico tutto il karma accumulato a livello familiare, individuale e collettivo, come l’amore nei suoi termini assoluti ed universali.
In questo scenario, la sfida del percorso Fiamma Gemella è la più difficile che un’Anima possa scegliere, ma è, allo stesso tempo, il miglior acceleratore di guarigione su tutti i piani dell’essere.
Per affronate il percorso dalla giusta prospettiva, non come un’opportunità di “sistemarsi nella propria zona di confort”, ma come un’avvincente chiamata al risveglio, serve equipaggiarsi di consapevolezza, occorre ritrovare la radice di sè stesse e la luce del proprio dharma. Questo significa arrivare a fare ciò per cui si è nate, nel modo più naturale, lieve e piacevole possibile.
Tutto ciò che nel percorso di Fiamma, appare come un fallimento, una sconfitta sul piano di terza dimensione, è ciò che permette, all’Anima di riconoscersi, prendere forma e dare inizio al proprio cammino.
E’ una morte rituale, la morte più oscura e dolorosa che dà inizio alla luce più chiara e imperitura.
La Dea Triplice Edito da Abrabooks, contiene le più importanti chiavi per agire ed essere nel percorso di Fiamma in allineamento con Anima e con la vibrazione di unione alla propria spiritualità. E’ solo agendo e calandoci profondamente ed intensamente in questa unione interiore con la nostra radice mitica e transpersonale che possiamo accedere ai doni che questo percorso miracoloso ci riserva.
Nelle storie delle tre donne di potere che percorrono le loro strade iniziatiche, in tre diverse stratificazioni di spazio e di tempo, si rinviene sempre allo stesso incontro con la controparte maschile, questo incontro libera lacerando ed avvia queste tre espressioni di femminile arcaico ed ancestrale, sulla strada del cammino di liberazione.
Quando l’eroina giunge alla fine del suo viaggio iniziatico, ha trasfiguarato completamente e radicalmente sè stessa, ha sacrificato il suo Io maschera, in nome del ritrovamento della sua essenza eterna.
Ogni viaggio termina con un risarcimento, con un dono, che arriva in veste di miracolo, per il sacrificio compiuto.
Il dono di chi ha vissuto questo percorso con le profondità delle proprie viscere e della propria carne è dono che illumina e guarisce il mondo, poichè solo chi è morto in vita, può farsi guida, teurgo, ostetrica della luce degli altri, solo chi è morto a sè stesso e conosce l’impatto della lacerazione più estrema e del suo contenuto simbolico e rituale.
Vi auguro di cuore di perdervi per le strade senza tempo di queste tre amanti cosmiche e di scoprire attraverso le loro storie come tornare a cavalcare il destriero della vostra anima selvaggia.
La vigilia di Santa Lucia e’ una delle tante feste solstiziali che ricorrono in questo periodo dell’anno.
Fino alla meta’ del XIV secolo, il 13 dicembre cadeva il solstizio d’inverno e, infatti, anche questa festa in onore della Santa ripercorre i mitemi tipici delle celebrazioni solstiziali: ci si ritrova tra i congiunti per festeggiare intorno fuoco, si accendono lumini e lucine, si ricevono doni. Nel bergamasco, l’usanza e’ quella di disporre sul davanzale delle cucine dolcetti e fieno per l’asinello sulla cui groppa, la leggenda vuole, Santa Lucia passi per distribuire dolcetti ai bambini.
La ricorrenza e’ ovviamente molto sentita in Sicilia soprattutto nella citta’ di Siracusa, di cui la Santa e’ patrona, ma si e’ diffusa poi un po’ ovunque in Italia e in particolare in Veneto.
Nei paesi Sandinavi e in Svezia questa e’ una notte tra le piu’ celebrate dell’anno.
Nella zona delle Apuane, da cui provengo, si ha come tradizione quella di preparare i “bollenti” o “necci”, che sono frittelle di farina di castagnaccio cotte al fuoco sui tipici “testi”, due piastre di ferro entro cui si mette il composto di acqua e farina. I bollenti vengono poi farciti con ricotta o affettati tipici come biroldo o lardo di colonnata.
Bollenti e testi. Foto di Nicoletta Antonioli
Con il beneficio del dubbio potrei avanzare l’ipotesi che questa tradizione si ricolleghi al divieto, diffuso in Sicilia, di mangiare derivati del grano nei giorni dedicati alla Santa.
Il divieto, poi adottato anche dalla Chiesa, nasce per commemorare il miracolo attribuito alla Santa che, il 13 maggio del 1646, fece attraccare al porto di Palermo un bastimento carico di grano e mise cosi’ fine a una lunga carestia.
Si narra che, vinti dalla troppa fame, i palermitani non si presero nemmeno la briga di macinare il grano ma lo mangiarono bollito e condito con un po’ d’olio, dando origine alla pietanza simbolo della festa di Santa Lucia siciliana: la cuccìa. I farinacei sono, dunque, banditi dalla tavola tradizionale nella giornata del 13, sostituiti da panelle di farina di ceci, arancine di riso e legumi.
Probabilmente anche in zona apuana si e’ risentito di questa influenza, astenendosi per la vigilia della ricorrenza dal consumare farina di grano e sostituendola con quella di castagne, tipica delle nostre zone.
Per il substrato precristiano, condiviso da ogni Santo, il riferimento qui e’ la Dea Lucina, preceduta dalla Dea greca Ilizia.
Santa Lucia assorbe dalle sue predecessore il compito di condurre alla luce. Queste dee pagane erano infatti dee dei parti, accompagnavano il nascituro alla luce. La Lucia cristiana ripropone il mitema: patrona degli occhi e degli oculisti (viene infatti rappresentata mentre regge un piattino con due occhi), ha rinunciato alla sua vista fisica per accedere alla luce dello Spirito.
In questa finestra temporale che va dal principio dell’avvento fino all’epifania, si concentrano una serie di ricorrenze e festivita’ che ruotano tutte intorno all’evento sosltiziale.
E’ interessante notare come in ognuna di esse ricorra sempre il solito motivo rituale, che è rappresentato dalla pratica del dono, che trae la sua origine nei culti agricoli precristiani.
Prima di Sant’Ambrogio, incontriamo, il 6 dicembre, la festa di San Nicola, il cui nome venne storpiato dagli olandesi in Santa Claus. La tradizione natalizia di Santa Claus fu condotta oltreoceano dagli emigrati. Qui, l’immagine del santo venne trasformata dall’industria pubblicitaria degli anni ’30, nella celebre icona di Babbo Natale che oggi conosciamo. Con Babbo Natale, San Nicola condivideva la tradizione del dono che fino a poco tempo fa sopravviveva nelle Puglie e nell’Europa orientale, dove si usava lasciare ai bambini dolcetti e regalini in occasione del 6 dicembre.
Un’altra Santa che condivide la funzione solstiziale di San Nicola, della Befana e del Bambino Gesù è Santa Lucia, la cui ricorrenza cade il 13 dicembre. Questa data, nella prima metà del XIV secolo coincideva con il solstizio d’inverno e difatti il nome della Santa ha in sè la radice di lux, lucis. La tradizione del dono per il giorno di Santa Lucia è diffusa in Veneto e nelle regione confinanti dell’Austria, della Repubblica Ceca, della Slovacchia e nei paesi Scandinavi.
Nel Bergamasco, un tempo sotto la dominazione veneta, Santa Lucia riceve le letterine dei bambini e poi passa la notte della vigilia a cavallo del suo asinello, per lasciare i doni dentro scarpette che venivano poste sul davanzale delle cucine. In cambio venivano lasciati alla Santa dolcetti e fieno per l’asinello.
Le stesse tradizioni si ritrovano poi in occasione della vigilia di Natale e dell’epifania. Anche i Re Magi, conducono alla grotta di Betlemme, oro, incenso e mirra ripercorrendo, dunque, sempre lo stesso motivo rituale.
Naturalmente i doni della tradizione avevano poco a che fare con quelli a cui siamo abituati oggi. Generalmente erano dolcetti di marzapane, frutta secca, mele, zenzero, torroncini, zuccherini. Erano doni simbolici perchè rappresentavano il buon augurio per il ritorno della luce e ponevano il seme per l’avvento del nuovo ciclo agricolo legato al semestre lumionoso. Avevano dunque una funzione apotropaica e sacrificale. “Sacrificale” perche’ questo arco di tempo, nella tradizione contadina e’ il momento dell’anno più critico e difficile, il momento in cui si sperimenta la maggior scarsita’ di cibo, in cui la terra riposa e si puo’ contare solo sulle provviste e riserve che si sono accumulate durante il periodo produttivo. E’ dunque difficile privarsi in questo momento di parte delle scorte, ma e’ proprio attraverso questo”sacrificio”che si consolida la Fede, che e’, di fondo, Fede nella Luce, nel ritorno del semestre luminoso, nella spiga nei campi e nella gemma sugli alberi. Il dono antico rappresentava l’anticipazione dell’abbandonanza che si sperava arrivasse con la nuova buona stagione. Lo stesso significato assumevano i grandi pasti consumati nei giorni delle Feste. Il piccolo bambino che nasce, rappresenta il sole ancora giovane e lontano che inizia comunque ad intensificare la sua luminosita’ e a maturare a poco a poco il suo calore. I doni ai bambini sono proprio simboli dei doni al piccolo Dio Sole che e’ appena nato e che ha appena cominciato a crescere.
Il simbolo del dono porta in se’ un significato spirituale molto profondo, rappresentando la definitiva vittoria dell’anima sulla personalita, sull’ego perche il dono e’ per sua natura cio’ che viene lasciato andare senza aspettarsi niente in cambio. Il donare con questo tipo di intenzione purifica, libera ed eleva. I doni delle feste sono invece diventati, ad oggi, un’incombenza noiosa e forzata e tanto piu’ inautentica, di uno dei tanti doveri da espletare di cui si farrebbe volentieri a meno. La pressione al consumo è, inoltre, talmente intensa e martellante in questo periodo dell’anno che invece di ripulire e alleggerire, sollecita la parte ombra, l’ego, conducendo all’attaccamento verso la materialita’. Inoltre, la civilita’ in cui siamo cresciuti ha privato l’essere umano dell’amore per il dono perche’ siamo sempre stati sommersi da una finta abbondanza, effimera, plastificata, usa e getta, svuotata di significato e a cui possiamo solo attribuire la funzione di aver tentato di colmare, in modo del tutto fallimetare, i vuoti e le angosce dell’essere umano che sopravvive faticosamente in un mondo privato della sua cornice di senso, del suo legame con il sacro e con la natura.
Ben diverso era il senso antico del dono che si puo’ senz’altro ritrovare attraverso un ritorno alla creativita’ e manualita’. Ciascuno di noi possiede un’abilita’, qualcosa che ama fare e la cui creazione genera piacere, che sia anche preparare una torta di mele o dei biscotti. Il creare il dono partendo dalle proprie mani aiuta a svincolarsi dalla ragnatela del consumismo ossessivo dell’homo consumens e della civilta’ desacralizzata e a ritrovare la naturalita’ e la vera essenza di questo periodo dell’anno. Il privilegiare materiale di origine naturale, inoltre, aiuta a recuperare un legame con l’antica funzione apotropaica del donare i frutti delle proprie provviste per ingraziarsi la terra e prospettarsi un nuovo ciclo di abbandonanza. Entrando nei circuiti del mercato disperderemo energia, al contrario, affidandoci alla trasformazione creativa, generemo davvero abbondanza e ci aiuteremo a connetterci con il cuore. Nell’opera creativa possiamo pensare alla persona che ricevera’ il nostro dono con amore e questo, stati pur certi, arrivera’ alla persona interessata. Per trarre massimo giovamento da questo periodo dell’anno, che e’ un momento di vera luce e magia, dobbiamo avere la saggezza di isolarci dall’energia compulsiva e consumistica che ci circonda e dirottare l’attenzione dell’anima verso la vera essenza del dono antico dove il significato sacro e il cuore prevalgono sul valore economico e sull’ apparenza. In questo modo il nostro donare sara’ sacrificio cioe’ sacrum facere, fare sacro, veicolo privilegiato per la riconnessione con lo Spirito della Natura e con il Dio Sole, Helios, il Sol Invictus.
Luna nuova: Equilibrare le polarità maschile e femminile.
Nei giorni di luna nuova o luna nera, la luna e il sole si trovano in congiunzione. Questa particolare configurazione astronomica genera, quando l’orbita della luna e quella della terra si incontrano, all’incirca quattro o cinque volte l’anno, il fenomeno dell’eclisse di sole. In tutte le altre occasioni, pur ponendosi la luna tra la terra e il sole, il diverso grado su cui ruotano terra e luna non porterà al verificarsi dell’eclisse, ma la luna risulterà oscurata e non visibile.
L’energia con cui abbiamo a che fare, ogni volta che la luna giunge in questa fase, è quella di equilibrio tra principio maschile e principio femminile, perchè i due principi cosmici, Padre e Madre celesti risultano congiunti. La luna è in questo momento, quindi, nello stesso segno del sole.
Le energie interne al nostro corpo si smuovono più intensamente durante le fasi di novilunio e può così capitare di sentirsi più agitati, inquieti o accelerati, di non dormire nel giorno di luna nuova o in quelli che lo precedono o seguono, come di avere forti sbalzi evolutivi, nuove intuizioni e visioni.
Nel nostro corpo, infatti, si intrecciano costantemente le due correnti ida/pingala, yin e yang, che, quando opportunamente integrate e in equilibrio, generano un senso di benessere e completezza nell’individuo. In chi sia riuscito, nel corso di opera di trasmutazione alchemica, che è il processo di evoluzione spirituale, a equilibrare questi due poli si raggiunge la cosiddetta coniuctio oppositorum, o illuminazione, uno stato di Incanto, gioia imperitura e piacere immoto che non fa più avvertire la mancanza dell’altro polo energetico, dell’uomo per la donna e della donna per l’uomo, poichè esso è stato integrato internamente.
In questi giorni in cui il grande principio cosmico maschile, il Sole, e quello femminile, la Luna, si trovano congiunti è favorevole lavorare sul riequilibrio delle nostre due forze interiori. Alle caratteristiche lunari di intuizione, ricettività, sensitività, sensibilità, amorevolezza, che sono tutte qualità tipiche di un femminile sano, dobbiamo controbilanciare, per sentirci integri e completi in noi stessi, le caratteristiche solari di forza, tempra, volitività, capacità di azione.
Nei nostri tempi, le donne sono caratterizzate da un eccesso di energia maschile, poichè, andando contro la propria inclinazione naturale, si sono dovute adattare ad un mondo eccessivamente “yangizzato”, tutta la parte femminile dell’essere umano, dedita ai tempi lenti, al sogno, alla chiaroveggenza, alla poesia, al riposo è stata brutalmente respinta, perchè non eccessivamente prestazionale e adatta agli scopi del consumo e della produzione della nostra economia predatoria.
Il mondo e la natura non possono più sostenere questo stato controbilanciato ed è necessario attraverso un lavoro interiore dare la necessaria forza al femmile per permettere al vero maschile, al maschile sacro connesso con il cuore, di tornare ad abitare la terra.
La presentazione di Maria al Tempio
Il tema del bilanciamento del maschile e femminile è particolarmente sentito in questi giorni poichè, dal 20 al 25 di novembre, si celebra la presentazione di Maria al tempio. Questa festività, molto sentita nella chiesa di Bisanzio, viene introdotta nella Chiesa di Roma da papa Sisto IV nel quindicesimo secolo. L’episodio viene narrato nel protovangelo di Giacomo.
Il Vangelo apocrifo racconta che Maria venne condotta al tempio da Anna e Gioacchino all’età di tre anni, il Sacerdote la conduce sul terzo gradino del tempio per presentarla al Signore, Maria non si volta, segno, questo, che ha accolto su di sè la grazia dello Spirito Santo:
…E ritornarono i suoi genitori pieni di stupore, lodando e glorificando il Signore Iddio perchè la bambina non si era voltata indietro, verso di loro. Ora Maria dimorava nel tempio del Signore nutrita come un colomba e riceveva il cibo dalle mani di un angelo.
Questa descrizione del Vangelo di Giacomo così delicata e profonda, viene ripresa dal cantautore genovese Fabrzio De Andrè che la fa sua attraverso questi versi:
Forse fu all’ora terza forse alla nona Cucito qualche giglio sul vestitino alla buona Forse fu per bisogno o peggio per buon esempio Presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio Presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio
Non fu più il seno di Anna fra le mura discrete A consolare il pianto a calmarti la sete Dicono fosse un angelo a raccontarti le ore A misurarti il tempo fra cibo e Signore A misurarti il tempo fra cibo e Signore
L’infanzia di Maria tratto da “La Buona Novella”, 1970, F. De Andrè
Significato simbolico della Presentazione di Maria al tempio
Questo evento liturgico aprirà le porte dell’avvento che avrà inizio pochi giorni dopo, domenica ventisette novembre. Esiste una motivazione profonda legata alla religione naturale, del perchè proprio in questi giorni si fa cadere la presentazione di Maria al tempio. Essa, la piccola Maria, simboleggia, il femminile che si fa tempio per accogliere il Nuovo Sole, il principio di luce maschile che rinascerà di lì a poco vincendo le ombre della notte e sancendo l’inizio del semestre luminoso, quello in cui la luce riprenderà a crescere. In questa simbologia è nascosto un significato profondo che vede la nostra parte interna femminile essere il pilastro, il tempio, in cui la luce sacra può entrare. Ma fino a che il terreno del corpo, della natura, non è pronto, non è permesso alla luce, all’illuminazione, alla trasmutazione alchemica, di accadere. Proprio come la natura, in questo momento, si sta spogliando, dismettendo gli abiti ormai secchi del passato ciclo, anche noi siamo invitati a cambiare pelle e ad entrare in un nuovo livello di coscienza, aprendoci a prospettive del tutto nuove e inaspettate, ribaltando il nostro punto di vista ordinario, per abbracciare una nuova relatà che non avevamo “visto” con i nostri vecchi occhi.
Così, da qui a poco, la nuova luce, il nuovo livello di coscienza, potrà pienamente manifestarsi e prendere dimora, accolto dal nostro corpo che in questi giorni, dunque, avrà molto da lavorare.
Rituali di novilunio
Per quanto riguarda i rituali, in questi giorni può essere utile l’utilizzo dell’elemento fuoco proprio con l’intento di purificare. Ad esempio, scrivendo un elenco di afflizioni fisiche, energetiche, psichiche di cui vogliamo liberarci e poi bruciando il foglietto, preferibilmente dentro un paiolo o calderone che utilizziamo unicamente con questo scopo. Oppure eliminando abiti vecchi, cianfrusaglie ed altro materiale che crea un ingombro non solo fisico, ma anche energetico.
Anche la nostra casa necessita, periodicamente, di una profonda opera di purificazione che si può operare ponendo dei ciotoli con acqua e sale grosso agli angoli delle stanze per qualche giorno, oppure, facendo bruciare uno smudge stick preferibilmente di salvia bianca. Oli essenziali, incensi, meditazione, musiche sacre contribuiscono ad innalzare il livello di frequenze tra le mura domestiche e a liberarle dalle energie stagnanti.
Parole chiave del momento: rinnovamento fisico, psichico, spirituale, colore viola, fiamma violetta (unione di colore blu e rosso), equilibrio di maschile e femminile, attesa, gestazione, preparazione del terreno per il nuovo balzo di coscienza, ribaltamento di prospettiva, addentrarsi nell’ignoto.
Non è possibile per la mente afferrare l’Ideale. L’ideale, il fuoco sacro, ciò per cui qui siamo venuti, esiste e pulsa in noi proprio allo scopo di bruciare la Mente. Quindi la risposta a questa domanda rimane alla Mente irraggiungibile. Non si può catturare con il pensiero il proprio Ideale, poichè esso è l’Anima stessa che per sua natura è indefinibile e ha la stessa qualità dei riflessi cangianti della luna sull’acqua. Quei riflessi, quel lucchichio non è afferrabile dalle categorie logico razionali. E, se lo fosse, se la particella di luce venisse afferrata, catturata dallo sguardo tagliente del microscopio, la sua natura muterebbe e il suo segreto, la sua vera fragranza, svanirebbe.
Ma se non posso catturare il mio ideale con la Mente come faccio a portarlo in essere? L’Anima lascia traccia di sè , come piccole orme sulla sabbia, è delicata nel suo invito a seguirla e tu per farlo devi dimostrarle di saperti affidare al suo mistero. In quelle tracce, ci sono gli echi del tuo ideale e se tu potessi avere una visione dall’alto dell’insieme di queste orme sulla sabbia vedresti il disegno compiuto del tuo idelae, lo riconosceresti all’istante e un sorriso di commozione spuneterebbe sul tuo volto. E’ proprio vero, quel non so che di indefinibile che hai sempre sfiorato, inseguito, ricercato nel corso della tua vita, era il tuo disegno, il tuo modo di compierti. In tutti quei dubbi, quei conflitti, quelle salite e discese, l’Anima ti guidava lungo le vaste distese del tuo ideale.
Il tuo Idele è eterno, infinito, ha origini lontane, ti può far ripercorrere le strade all’indietro, fino a scoprirti a seguire le sue orme in scenari di vite passate. Ti può far comprendere come il tuo scopo non è andare in avanti, ma muoverti nella direzione dell’interno, lì dove ritrovi ogni volta la sua fiamma.
Questo Ideale, scoprirai, è condiviso anche da altre anime che hai incontrato lungo il tuo cammino. Sono quelle che risuonano maggiormente con te, con la loro compagnia puoi avere la sensazione di casa, la sensazione di essere molto vicino a te stessa, a te stesso.
Ogni volta che sei a servizio del tuo Ideale, ti accorgi che stai ricordando, che stai rimettendo insieme parti di te e del tuo corpo, che iniziano a comunicare tra loro, a comunicare con te.
Ma non potrai avere la visione completa e totale di questa grande Immagine, a meno che non decidi di abbandora le redini della Mente, staccandoti da tutto ciò che pensi di conoscere, da tutto ciò che pensi di essere.
Allora questo Mago, questa Maga ti apparirà e vi riconoscerete l’una negli occhi dell’altra.
Il Mago, la Maga, sono le Grandi Immagini per eccellenza, sono il raggiungimento dell’Ideale, dell’Idea, del Dio e della Dea, in te. Guardandoli ricorderai che tutto ciò che cercavi era già in te e che il processo con cui hai trasformato la materia, hai giocato con l’elemento naturale, hai attraversato gli eventi della tua vita era il Mago stesso, la Maga stessa che ti riportava a sè.