Divenire co-creatori della nuova coscienza

Nel Nuovo Mondo che ci apprestiamo a creare non possiamo più limitarci ad intraprendere il ruolo di semplici spettatori.

Il nuovo vento che si è levato da qualche tempo a questa parte e che molti di noi hanno avvertito con sempre maggiore intensità, ci sospinge a prendere parte attivamente al processo creativo della vita che scegliamo di vivere, nel mondo in cui scegliamo di abitare.

Molti avrebbero, in passato, venduto l’anima al diavolo, per accedere ad una briciola del potere divino.

Ma ora che sembra si sia aperto uno spiraglio per accedervi, ci rendiamo conto di come questo compito risulti indicibilmente complesso e gravido di responsabilità.

Ciò che rende ancora più arduo affrontare il momento evolutivo attuale è che tutto ciò che prima faceva da “carburante” per le nostre vite e che proveniva essenzialmente da una dimensione “egoica” della coscienza, ha lasciato spazio adesso ad un vuoto sterile, da cui sembra non nascere nulla se non il seme del “dolore” e  della “separazione”.

Chiunque si trovi in questa fase in cui la “morte dell’anima” sembra non avere fondo deve urgentemente prendere coscienza di avere, lui stesso e nessun’altro, gettato manciate di sale su quel vecchio campo, fino a farlo bruciare.

E’ così che abbiamo scelto.

Il punto è che, con accelerazioni sempre più violente e repentine, questo sale purificatore continuerà ad agire fino a generare da questa atroce morte, una spietata, travolgente e onnipervadente sete di rinascita.

Dobbiamo chiederci, adesso, come vogliamo rinascere a questo mondo nuovo che per molti è già attuale.

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Mai dimenticarci di togliere, lasciare andare, liberarci dalle parti di noi che non sono più in sintonia con questa nuova energia. Per questo dobbiamo affinare le nostre sonde percettive, origliare dai piccoli fori, minuscoli come la cruna di un ago, attraverso cui la nostra voce interiore si leva e ci guida.

Più di tutto avere fiducia nell’adesso. In questo momento dell’essere particolare, unico e irripetibile da cui la nostra coscienza osserva se stessa e lasciarlo accadere. Qualunque cosa sia: lasciare che sia.

Il paradosso è proprio che chi continuerà a sbracciarsi in alto mare lottando per restare a galla affogherà, mentre chi si lascerà andare, liberando i propri lacci dentro i flutti, abbracciando l’impetuosità della corrente, verrà salvato. O meglio salverà se stesso da se stesso.

Abbiamo infatti tra le mani la responsabilità di divenire creatori della nostra vita, realizzatori dei nostri sogni, incubatori della nuova coscienza.

Abbiamo adesso la possibilità di accedere in prima persona alla coscienza cristica di cui hanno parlato le scritture, ma dobbiamo farlo con la delicatezza con cui ci si avvicina ad un cristallo sottile come una lastra di ghiaccio. Facile cadere nella tentazione di sentirsi privilegiati, prescelti, unici e pertanto diversi, speciali e, pertanto, fatalmente soli.

L’ego continua a mettervi alla prova anche in questa nuova dimensione. E’ a guardia della casa di Dio e vi misura come faceva Osiride con i cuori dei morti.

La prova da superare però non è quella per accedere ad un altrove post mortem, ma quella di divenire degni di vivere nel nostro aldiquà come divinità, entità spiritualizzate e incarnate ad un solo tempo.

Con  l’integrazione di questa parte sacra e divina presente in noi dalla notte dei tempi, sarà possibile togliere il velo alla sacerdotessa degli antichi templi, facendo del mondo stesso un tempio e di noi i pontefici che trasmettono la parola senza bisogno di alcun intermediario che non sia la nostra stessa voce interiore.

Io sono Lilith e torno dalla cella del bianco oblio, leonessa del signore e dea delle due notti. Raccolgo nella coppa ciò che non può essere raccolto e lo bevo, perchè sono la sacerdotessa e il tempio.

Joumana Haddad

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