Kronos figlio di Urano e Gaia è un Dio dalla natura ambivalente: in alcune narrazioni come quella di Esiodo, Le Opere e i Giorni, Crono è il Dio che regna su un’ età dell’oro di abbondanza simile in tutto e per tutto all’eden biblico: la terra è in grado di generare da sé senza bisogno di lavoro e fatica da parte degli uomini che vivono come dei, al riparo dalle sofferenze e dalle malattie.
Il modo in cui il mito ci rappresenta Crono è però, contrariamente alla visione edenica, assai cruento: Crono per come lo racconta la Teogonia di Esiodo ottiene il potere evirando il padre Urano e, ricevuta la profezia che sarebbe a lui toccata la stessa sorte, genera e poi uccide ciascuno dei suoi figli, divorandoli.
Il parricidio e i seguenti atti di cannibalismo con cui Crono si libera dei figli fanno pensare al Dio falcifero che trova nel corrispondente latino, Saturno, un perfetto discendente. Il modo in cui Crono uccide, ha una forte connotazione viscerale: in primo luogo i suoi omicidi hanno sempre vittime che sono legate a lui da strettissimi vincoli di sangue (il padre e i figli), in secondo luogo se la morte di Urano avviene per evirazione quella dei figli avviene attraverso l’azione cannibale dell’ingurgitare, masticare e divorare il loro corpo appena nato.
Tutto questo è simbolo ben preciso di quello scandito processo saturnino che lega indissolubilmente la vita alla morte. Crono, infatti, potrebbe evitare di generare una discendenza per scongiurare il suo destino e invece sceglie il processo di generazione seguito da quello di annientamento poichè conosce e simboleggia la legge universale della morte e rinascita.
Del padre, Crono, elimina l’organo sessuale, il potere generatore contenuto nel simbolo del seme celeste.
Crono rappresenta, in buona sostanza, la matrice che precede ogni creazione ed a cui ogni creazione deve, per legge divina, fare ritorno.
Legato al numero nove, Crono possiede il potere della contemplazione dell’uno: nelle antiche religioni misteriche era il Dio originario del Cosmo che crea dall’etere l’argenteo Uovo originario. L’eremita dei tarocchi, suo corrispondente, indicato anch’esso dal numero nove, richiama la saggezza che si nasconde dietro l’assoluta rinuncia ad ogni contatto gioviale con il mondo e l’abbandono di qualsiasi velleità o lusinga dell’ego.
Ma Crono rappresenta anche il tempo, il tempo del qui ed ora, la nascita e la morte dell’istante:
muori ad ogni istante così da poter rinasce ogni istante
Osho
Si comprende, allora, la ferocia e implacabile crudeltà di Crono. Il tempo è una dimensione difficile da governare, serve un’affilata chiarezza dell’intenzione: per questo si può arrivare anche a mangiarsi il frutto della propria creazione, la carne della propria carne.
Ovviamente è qui rappresentato, a livello simbolico, il principio alchemico dell’Io in trasmutazione che perisce nel momento in cui il tempo si azzera, si annienta nell’istante, per rinascere all’istante in un movimento cronico, nel senso che si ripete istantaneamente ad ogni “battito” della linea temporale.
Questa dunque era l’accezione che le antiche tradizioni attribuivano al tempo, che ha poco a che fare con l’idea di tempo cronologico e storiografico che ci siamo fatti noi. Il tempo non corre su una linea retta ma segue piuttosto un andamento circolare di eterni ritorni come simboleggiato dall’implacabilità del processo di generazione/distruzione di Crono.
Da qui si può comprendere perchè l’età di Crono era un’età di oro e luce:
Solo coloro che sanno morire momento per momento sanno essere goiosi. Più sarai in grado di morire e più profonda sarà la tua gioia.
Osho
Il tempo di Crono era il momento del presente come sottolineato anche dal simbolo del Corvo che spesso accompagna le raffigurazione del Dio.
Il Corvo, animale totem presso i Nativi del Nord America, oltrepassa le leggi fisiche di tempo e spazio, è l’unica creatura che può trovarsi in più luoghi o in più corpi contemporaneamente e vivere al di fuori del tempo, in un spazio temporale vuoto ed eterno.
Anche il Corvo, come Crono, è indissolubilmente legato alla morte (la tradizione popolare lo vuole “uccellaccio del malaugurio”) una morte che però, come si è visto, è la matrice vuota da cui la vita può generarsi. La morte dell’ego che ha il suo corrispondente nella morte del tempo.
La dualità di vita e morte simboleggiata dal corvo è rintracciabile nel simbolo alchemico del corvo dalla testa bianca: la materia prima annerita entro cui si nasconde la luce della pietra filosofale.