I sintomi dell’Ego Spirituale

Scrivo questo post, forse un po’ scomodo, sulla scia di un mio personale “sentire” rispetto a molti articoli e commenti che leggo in giro per il web e sui social su tematiche di interesse “spirituale”.

Ho il sentore che si stiano creando “correnti” e comunità dove purtroppo ci si dimentica di Dio per far posto al proprio IO. Tutto questo avviene inconsapevolmente e senza nessuna colpa morale o giudizio da attribuire a chi incorre in questi “incidenti di percorso”.

La nascita di un interesse collettivo sempre più vivace e marcato verso i temi legati alla crescita personale e spirituale, se da una parte incoraggia senz’altro in positivo, dall’altro lato mette in guardia rispetto ad una serie di facili entusiasmi, fuochi fatui e semplicismi commerciali.

In questo post vorrei trattare il tema del cosiddetto’Ego spirituale, fornendo alcune indicazioni per riconoscerlo e trasformarlo.

L’Ego spirituale è un ostacolo molto facile da incontrare lungo il cammino di evoluzione spirituale. Può riconoscersi da alcuni “sintomi” e da alcune percezioni e sensazioni del nostro corpo (che non mente mai).

I sintomi attraverso cui possiamo riconoscere se essere affetti o meno da questa “sindrome”, sempre più comune, sono:

  1. Etichettarci come “persone spirituali“: iniziamo a percepire noi stessi come “persone spirituali” e, di conseguenza, più “elevate”, rispetto alla massa di “dormienti” che ci circonda. Questo è il primo passo per ammalarci di “Ego spirituale“.
  2.  Strettamente connesso al punto precedente: tracciamo un confine tra un “noi” e un “loro”, iniziamo a circondarci solo di persone che reputiamo evolute come noi, snobbiamo tutte le persone che dal nostro punto di vista illuminato, viaggiano a frequenze verso cui non abbiamo intenzione di “abbassarci”.
  3. Il mondo ci appare come un luogo ostile, i terrestri  una razza cruenta e immatura, capace solo di atrocità e facile alle debolezze carnali. Desideriamo sempre più tornare in quel lontano pianeta di una galassia lontana lontana da cui proveniamo…
  4. Ci isoliamo e parliamo solo con il nostro maestro spirituale via Skype o con il nostro spirito guida via etere…ma anche questo, d’altronde, dal nostro punto di vista “illuminato”, è normale perchè stiamo percorrendo il sentiero della Buddità.

Se ti sei riconosciuto in uno o più di questi sintomi, fermati un attimo e respira.

Punto Primo: il sentiero spirituale conduce alla caduta di tutti “idoli”, di tutte le etichette o identità fisse e fallaci con cui definiamo il nostro sé.  No, non sei una guida spirituale. No, non sei un maestro reiki. No, non sei un channeler.

Ricorda: più ti fai vuoto e più permetti a Dio di mostrarsi attraverso di te…ma tu, o meglio il tuo Ego, non è nulla…solo un servo, solo uno strumento.

L‘Ego spirituale è quella deliziosa casettina nel bosco fatta di marzapane, leccornie di ogni genere e praline di cioccolato che incontri quando vaghi sperduto nel bosco. Quella patina dolciastra finirà per avvelenarti e disgustarti e finirai presto nel forno della strega cattiva che abita dentro la deliziosa casetta.

L’Ego è fatto così: prima di lusinga, ma poi ti presenta il conto..dal dolce, al salato.

E’ utile comprendere che la nostra visione di Dio come un vecchio signore barbuto che abita su una nuvola in alto in alto nei cielo, non solo è errata, ma è anche estremamente fuorviante.

Dio si trova in basso.

Dio, il divino, si trova tra le cose più basse, tra i fiori e le pietre.

Nelle fiabe antiche Dio spunta spesso fuori: può essere il mendicante, il folletto, lo gnomo del bosco. Nei film moderni per bambini è spesso “la signora dei piccioni”.

A Dio piace nascondersi tra le cose che non diresti mai che sono lui, per vedere se lo sai riconoscere o se sei troppo impegnato a guardare verso l’alto, con gli occhi accecati dallo scintillio d’oro degli idoli.

signora dei piccioni

La realizzazione del sè

La fioritura del sé non è mai un atto individualistico.

Nel momento in cui portiamo a compimento il nostro seme, portiamo alla luce la nostra sorgente creativa, stiamo compiendo un passaggio che gioverà a molte persone, oltre che a noi stessi.

Nel momento in cui riteniamo che la realizzazione di noi stessi sia un processo  strettamente individuale, non riusciremo a realizzarlo. Nel momento in cui riteniamo che dobbiamo farlo per gli altri non riusciremo comunque a realizzarlo.

Ancora una volta ci troviamo qui nella logica di quarta dimensione che come già approfondito, non è una logica razionale, ma paradossale. E’ possibile che quanto più realizzo me stesso, tanto più sto creando gioia e abbondanza per gli altri?

Sì se la mia realizzazione è autentica.

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Il Karma: la sottile arte del non attaccamento

Il concetto di Karma è completamento frainteso nella nostra cultura popolare di occidentali.

Siamo soliti spesso usare espressioni come ” Cattivo Karma”, per sottintendere come azioni negative compiute in vite passate possano ripercuotersi nel presente, facendo permanere la persona in condizioni negative o facendole sperimentare continue sfortune, catastrofi, disastri.

Pensiamo comunemente che solo riparando questo “Karma negativo” , che è come un fardello con cui siamo equipaggiati fin dalla nostra nascita, una sorta di peccato originale, potremmo liberarci dalla sofferenze e dalle cause della sofferenza.

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